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La Cassazione sull'acquisizione dei dati di traffico telefonico nel procedimento penale

  • Immagine del redattore: Maria Valeria Feraco
    Maria Valeria Feraco
  • 24 mag 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

La Cassazione, con la recentissima sentenza n. 19890 depositata il 22 maggio scorso, ha fatto applicazione delle nuove le regole per l'acquisizione e la conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico per lo svolgimento di indagini, introdotte a seguito della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2 marzo 2021 nella causa C-746/18.

Come noto la CGUE in tale pronuncia (resa all’esito di un procedimento sorto in Estonia dove un imputato di furto, uso illecito di carta di credito e di violenza era stato condannato sulla base dei dati personali acquisiti da fornitori di servizi di comunicazione), aveva rilevato come i dati di traffico telefonico e telematico, i dati relativi all’ubicazione e quelli necessari all’identificazione dell’abbonato, per fini di accertamento e repressione dei reati, pur non attingendo al contenuto della conversazione, forniscano comunque indicazioni importanti sulle comunicazioni intrattenute da ciascuno, sui loro destinatari e sulla loro frequenza. Sulla scorta di tali considerazioni i Giudici UE avevano pertanto individuato, con riferimento all'articolo 15, paragrafo 1 della Direttiva 2002/58/CE relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, letto alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, due condizioni di applicazione: A) l’accesso ai dati relativi al traffico telefonico e telematico deve essere circoscritto a procedure aventi per scopo la lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica, conformemente al principio di proporzionalità; B) l’accesso ai dati non può avvenire direttamente da parte del pubblico ministero in quanto parte del procedimento penale in fase di istruttoria.

A seguito di tale intervento della Corte UE, la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sull’efficacia immediata e diretta che poteva avere la giurisprudenza europea in questione nell’ordinamento nazionale, ha ritenuto che dovesse necessariamente demandarsi al legislatore nazionale il compito di trasfondere i principi interpretativi delineati dalla Corte in una legge dello Stato.

Pertanto, il 30 settembre 2021, con il D.L. n. 132/2021, veniva modificato il comma 3 dell’art. 132 del Codice della Privacy nei seguenti termini: “Entro il termine di conservazione imposto dalla legge, se sussistono sufficienti indizi di reati per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell'articolo 4 del codice di procedura penale, e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi, ove rilevanti ai fini della prosecuzione delle indagini, i dati sono acquisiti presso il fornitore con decreto motivato del giudice su richiesta del pubblico ministero o su istanza del difensore dell'imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private

Il legislatore intervenendo in sede di conversione ha poi apportato alcune modifiche, ovvero:

  • sostituito le parole «ai fini della prosecuzione delle indagini» con «per l’accertamento dei fatti» e le parole «presso il fornitore con decreto motivato del giudice» con «previa autorizzazione rilasciata dal giudice con decreto motivato»;

  • aggiunto un comma 3 quater al citato articolo 132 del Codice della Privacy, prevedendo che i dati acquisiti in violazione delle disposizioni dei commi precedenti non possono essere utilizzati;

  • inserito una disposizione transitoria che recita : “I dati relativi al traffico telefonico, al traffico telematico e alle chiamate senza risposta, acquisiti nei procedimenti penali in data precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati a carico dell’imputato solo unitamente ad altri elementi di prova ed esclusivamente per l’accertamento dei reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e dei reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia o il disturbo sono gravi”.

Proprio di tale disciplina transitoria ha dunque fatto applicazione la Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 19890 ove, rigettando il ricorso dell’imputato che aveva eccepito l’inutilizzabilità dei tabulati telefonici acquisiti nel giudizio di merito in assenza dell’autorizzazione all’acquisizione da parte del Giudice procedente, ha affermato che “in tema di acquisizione dei tabulati di comunicazioni telefoniche o telematiche, richiesta da Pubblico Ministero prima della modifica dell’art. 132 comma 3 d. lgs. 196/03(…) la gravità dell’ingerenza nella vita privata conseguente all’accesso ai dati di traffico va esclusa, ove l’acquisizione sia finalizzata al solo scopo di identificare l’utente interessato e, in ogni caso, è consentita nei procedimenti penali pendenti al 30 settembre 2021 in base alla disciplina transitoria introdotta, in sede di conversione, dall’art. 1 comma 1 bis d. l. 132/2021 per l’accertamento di reati di particolare gravità (compreso quello di molestie) come individuati secondo i nuovi criteri edittali, con l’utilizzabilità a carico dell’imputato unitamente agli altri elementi di prova”.



 
 
 

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