MOG 231 e parametri ESG
- Maria Valeria Feraco
- 29 mar 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 7 apr 2022
Il riferimento alla sostenibilità è oggi pressoché imprescindibile quando si parla di business e di impresa: si sta infatti progressivamente diffondendo - anche tra le aziende di minori dimensioni - la consapevolezza che lo scopo, il purpose dell’impresa non è più solo il perseguimento del profitto, ma la creazione di un valore che trascende il profitto stesso e che è intrinsecamente legato non soltanto alla relazione con gli azionisti (shareholders), ma altresì alla relazione con i plurimi portatori di interesse (stakeholders) con cui l’azienda stessa è chiamata a confrontarsi, vale a dire clienti, dipendenti, fornitori e – in ultima analisi – la stessa società civile.
Non solo: sulle imprese – come osservato - si sta anche spostando l’onere di perseguire funzioni pubblicistiche, in un processo di progressiva responsabilizzazione che assegna alle aziende stesse il ruolo di garanti di alcuni interessi generali[1].
Questo cambio di paradigma costituisce l’approdo, o meglio, una tappa di un percorso di progressiva consapevolezza iniziato già nella seconda metà del secolo scorso e che, partendo dalla la “teoria degli stakeholder” di Robert Freeman e dalla piramide della Corporate Social Responsibility di Carrol, passando dalla pubblicazione del Libro verde della Commissione UE nel 2001 e dall’adozione delle Linee Guida OCSE sulla Responsabilità sociale d’impresa, ha condotto all’individuazione dei SDGs (Sustainable Development Goals) indicati dall’Agenda 2030 dell’ONU, per il cui raggiungimento le imprese sono chiamate a svolgere un ruolo attivo.
Ma come si traduce tale impegno dal punto di vista strettamente normativo?
Con il d. lgs. 32/2007 il Legislatore italiano aveva per la prima volta introdotto, all’articolo 2428 comma 2 c.c., la facoltà dell’impresa di pubblicare nella relazione sulla gestione anche indicatori di risultato non finanziari pertinenti all’attività specifica della società.
In seguito, il d. lgs. 254/2016, attuativo della direttiva europea 2014/95/UE, ha imposto alle imprese di maggiori dimensioni di redigere annualmente una Dichiarazione Non Finanziaria (DNF).
Tale dichiarazione deve descrivere, con riferimento alle tematiche ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta alla corruzione attiva e passiva rilevanti in relazione all’attività ed alle caratteristiche ed alle attività aziendali:
- Il Modello aziendale di gestione ed organizzazione dell’attività d’impresa, incluso il MOG ex D. lgs. 231/01 eventualmente adottato;
- Le politiche dell’impresa, i risultati conseguiti attraverso tali politiche ed i relativi indicatori fondamentali di prestazioni di carattere non finanziario;
- I principali rischi connessi a tali temi e le relative modalità di gestione.
Le informazioni contenute nella DNF costituiscono un’utile fonte per valutare il carattere più o meno sostenibile di un’impresa sulla scorta dei parametri ESG (Environmental Social Governance).
Nello stesso tempo, è evidente l’intima correlazione tra le tematiche della sostenibilità, degli indicatori ESG e della compliance 231.
L’adozione del MOG 231 infatti - che nasce originariamente al precipuo scopo di contenere il rischio di commissione di determinate categorie di reati (essenzialmente reati contro la P.A. e reati societari) nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso - a seguito dell’enorme (da taluni ritenuta eccessiva) estensione del catalogo dei reati presupposto e della sempre più avvertita spinta ad affiancare la cultura della sostenibilità alla cultura della legalità, diviene oggi molto più che mero strumento di cui dotarsi per poter eventualmente usufruire dell’esimente offerta dall’articolo 6 del d. lgs. 231/01, ma un vero e proprio strumento di gestione finalizzato allo sviluppo di un modello di business sostenibile che:
- Procedimentalizza l’attività di impresa
- Declina i principi, anche etici e comportamentali che ispirano l’azione aziendale
- Definisce l’assetto organizzativo aziendale funzionale alla prevenzione dei rischi reato ravvisati all’esito di apposita analisi.
Non solo. I singoli parametri ESG presentano molti aspetti di connessione con le aree sensibili e i rischi reato previsti dal d.lgs. 231/2001.
Nello specifico, l’indice “Environmental”, nel cui ambito sono compresi i rischi legati al cambiamento climatico ed alla non conformità alle disposizioni in materia di gestione dei rifiuti, è immediatamente associabile ai reati ambientali di cui all’art. 25 undecies d. lgs. 231/01.
L’indice “Social”, nel cui ambito sono compresi i rischi legati ai diritti delle persone dei lavoratori, in termini ad esempio di sfruttamento, violazione del diritto alla salute, discriminazioni di genere etc., è evidentemente collegato con i reati di cui all’art. 25 septies d. lgs. 231/01 (reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro), con il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. “caporalato”) e con i reati informatici, con particolare riferimento al trattamento illecito di dati personali.
Quanto poi all’indice della “Governance”, fermo restando che – come sopra evidenziato – l’adozione del MOG 231 si pone essa stessa quale strumento di governance, questo è collegato con il rischio di reati tributari, reati societari, riciclaggio e autoriciclaggio.
Ma attenzione.
Se, per un verso, attraverso il MOG si può perseguire il raggiungimento di una buona performance aziendale con riferimento ai parametri ESG, bisogna di contro evidenziare, che la rilevanza assunta dalla DNF (soggetta alla vigilanza degli Organi di controllo e sottoposta al potere di controllo e sanzionatorio della Consob) fa diventare la relativa redazione “attività sensibile” ai sensi del d. lgs. 231/01, vista la possibilità che nel redigerla siano commessi taluni reati presupposto che il Modello dovrà pertanto prevenire, adottando protocolli volti a garantirne veridicità e completezza.
NOTE BIBLIOGRAFICHE
Sarno S., Di Pietro R. “La relazione tra il modello di organizzazione e gestione e gli indici ESG”, in Rivista 231, 2021
Putzu G., Carnà A.R. “Gli indicatori ESG e il d. lgs. 231/2001. L’integrazione dei presidi di controllo a servizio della sostenibilità e della prevenzione del rischio reato, in Rivista 231, 2021
[1] Cf. sul punto Putzu G., Carnà A.R. “Gli indicatori ESG e il d. lgs. 231/2001. L’integrazione dei presidi di controllo a servizio della sostenibilità e della prevenzione del rischio reato, in Rivista 231, 2021.

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